GROSSETO - “La manifestazione che si è svolta questa mattina vicino a Siena ovvero il Funerale del grano non poteva non vederci presenti, come sindaco di un Comune capoluogo e rappresentante istituzionale di un territorio che nell'agricoltura trova la sua principale, naturale e storica vocazione economica.
Ho partecipato oggi a questa protesta per sottolineare, a gran voce, accanto a tanti colleghi, aziende, famiglie, lavoratori la catastrofica situazione in cui si trovano i produttori di grano di qualità, quello cioè fornito dalle nostre terre. Questa 'catastrofe' è figlia di una concorrenza spietata e delle continue riduzioni di prezzo e colpisce in modo particolare Grosseto, che nel contesto regionale e nazionale vanta numeri record.
Basti pensare che qui si registra il 30 per cento della produzione di tutta la Toscana, con 1,5 milioni di quintali a fronte dei 3,5 milioni di quintali di tutta la regione, per un volume di affari pari a 50 milioni di euro.
E la Toscana in Italia è la quinta Regione per la produzione del grano di qualità. Nell'intera area nazionale, poi, il danno arrecato ammonta a 700 milioni di euro e le importazioni dall'estero (cioé il 10 per cento del prodotto utilizzato in Italia) hanno causato un calo del valore del grano pari al 45 per cento del prezzo.
Con due rischi possibili a breve, a livello nazionale: il taglio di 300mila posti di lavoro e la desertificazione di 2milioni di ettari di terreno, cioè il 15 per cento delle terre coltivate a grano in Italia.
Di questo dovrebbe rendersi seriamente conto il Governo, con il ministro Maurizio Martina che forse si è concentrato troppo su Expo e poco su questo disastro che incombe da tempo sulla nostra nazione. E che solo adesso, in extremis, è corso al capezzale dell'Unione europea per vedere di rimediare, ottenendo 10 milioni di euro: una goccia in un mare di problemi e difficoltà.
Così come irrisori, a mio avviso, sono i provvedimenti paventati per dare sostegno alle aziende agricole: su tutti il Decreto ministeriale nell'ambito dei contratti di filiera con aiuti fissati in 100 euro a ettaro per un massimo di 50 ettari e fino a un massimo di 15mila euro in tre anni; ma anche l'abolizione dell'Irpef agricola con l'abolizione del reddito agrario domenicale.
E poi il Disegno di legge sul caporalato. Fermo restando il fatto che siamo i primi sostenitori di una normativa che veramente possa combattere e reprimere certi fenomeni che vanno a ledere i diritti e la stessa dignità umana, ci pare sconcertante paragonare violazioni formali (come alcuni comportamenti sulla sicurezza o difformità lievi sulla busta paga) al reclutamento dei lavoratori in nero. Un'azienda agricola che già fatica a barcamenarsi nelle tante trappole tese dalla burocrazia non può essere vessata anche da una legge che mette sullo stesso piano il datore di lavoro che non fornisce le scarpe antifortunistiche a un'azienda che usa i caporali per il reclutameto della manodopera.
Questo è una realtà che va combattuta con altri mezzi e forme e il mondo agricolo deve poter lavorare con i giusti margini di autonomia e serenità nel rispetto sempre delle legge, ma pensando al territorio, alle sue peculiarità, alla bellezza e al valore di un patrimonio che può e deve essere conservato, curato, valorizzato al meglio, a vantaggio dell'economia locale e nazionale”