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Agricoltura e burocrazia: una convivenza difficile

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Per scoprire che cos’è il sadismo non serve scomodare il marchese De Sade. Roba vecchia, da dilettanti. Il sadismo del terzo millennio, risalente però alla fine del secondo, il più delle volte si esprime al massimo grado - anche se non in via esclusiva - nelle normative comunitarie, in particolare nei regolamenti comunitari relativi alla commercializzazione dei prodotti agricoli. Provare per credere.
Quando vi capiterà di imbattervi nella norma che stabilisce il grado di curvatura massima ammissibile nel cetriolo, da determinare attraverso la misura dell’altezza dell’arco in rapporto alla lunghezza (non più di 10 mm per 10 cm di lunghezza), tanto per fare un esempio tra gli innumerevoli altri esempi possibili e spesso inimmaginabili, sarebbe interessante registrare la vostra reazione.
Gli agricoltori conoscono, perché le hanno sperimentate in campo e in prima persona, tutta la gamma delle possibili reazioni psicologiche: incredulità, sconcerto, in(cavolatura) - ma solo per restare nel tema -, indignazione, rassegnazione. È anche per questo che nutro la speranza che da ora in poi gli agricoltori reagiscano ricorrendo, una volta per tutte, alla sola arma che può dare risultati concreti: chiedere il conto a una classe politica complessivamente imbelle, incapace di risolvere i problemi delle categorie produttive e delle persone, inadeguata ad affrontare le sfide dei tempi che viviamo, prona agli interessi delle oligarchie mondialiste e delle lobby economico-finanziare. Per poi mandarla a casa, posto che appare abbastanza difficile pensare di mandarla a lavorare.
Non c’è qualunquismo di sorta in questa speranza. C’è anzi l’invito concreto, rivolto agli agricoltori di ogni regione d’Italia - dalla Maremma al Tavoliere, dalla Capitanata alla piana di Sibari e alla piana di Gioia Tauro e Rosarno, dal Friuli alla Sicilia – di incalzare i politici locali, come pure i rappresentanti delle organizzazioni professionali e sindacali di sistema, con richieste semplici ma pretendendo risposte nette e precise, non consentendo a nessuno di rispondere in modo fumoso, complicato, con inutili giri di parole e vuoti discorsi fatti di promesse e raggiri come usano fare i mestieranti della politica.
Quello che oggi maggiormente preoccupa, tuttavia, è l’appiattimento culturale e la mancanza di dibattito per sostenere da una parte le necessarie innovazioni di cui abbisogna il comparto agricolo e dall’altro la scarsa - per non dire nulla – consapevolezza che l’agricoltura non si può piegare semplicisticamente alle logiche del capitalismo d’assalto e alla pura logica del profitto. In agricoltura funzionano le leggi della natura, non quelle della Borsa. Il che non significa che non devono contare gli aspetti economici; anzi, è soprattutto attraverso l’agricoltura che bisogna promuovere l’economia: ma l’economia al servizio dell’uomo, non quella asservita agli interessi dei mercanti.
Caro agricoltore, prova a chiedere al primo parlamentare che ti capita a tiro (che sia parlamentare nazionale o europeo poco cambia nella sostanza; che sia di destra o di sinistra è ininfluente, visto che i risultati sono sempre uguali) se conosce la burocrazia nazionale e, peggio ancora, l’eurocrazia; se conosce i responsabili della costruzione di un apparato elefantiaco, asfissiante nelle procedure, oppressivo nei metodi, costosissimo nell’organizzazione, che in pochi decenni ha impoverito, se non distrutto, il settore primario in Italia, determinando situazioni di crisi che si sono rivelate letali per tante aziende, dal comparto del latte a quello della frutta, dalla carne alla cerealicoltura, dalle produzioni mediterranee all’orto-frutticoltura e a quant’altro.
Prova a chiedere se lui si sente capace di produrre latte di qualità a meno di 40 € al quintale, o se vuol provare a coltivare agrumi nella piana di Rosarno vendendo il prodotto a 12 centesimi di euro al Kg.
Prova a chiedere se vuol sperimentare l’attività di imprenditore agricolo (o qualsiasi altra attività di impresa, a suo piacimento) accollandosi gli oneri fiscali e amministrativi imposti dallo Stato e pagando l’IMU anche sui beni strumentali, come per i capannoni.
Così magari la smetterà di pontificare sulla necessità di aumentare la produttività e di razionalizzare le spese, per riuscire a restare sul mercato divenuto oramai mercato globale. Principi assolutamente da condividere se si operasse a parità di condizioni, ma di difficile – per non dire impossibile – realizzazione, quando rispetto al tuo concorrente paghi di più (e spesso molto di più) l’energia, la manodopera, gli oneri sociali, le imposte, le tasse e i contributi.
Chiedi se si sente in qualche modo responsabile della situazione di netto svantaggio in cui sono costretti ad operare gli agricoltori italiani. E se ti risponde, come è probabile, senza minimamente entrare nel merito, che certamente bisognerà affrontare questi problemi in futuro, che in ogni caso di questa Europa non si può fare a meno, magari aggiungendo che hai ragione, che la situazione è insostenibile, che bisogna da ora innanzi tutelare gli interessi degli agricoltori, e bla-bla-bla, allora comprendi che non hai altra scelta se non quella di un cambiamento vero e radicale. Per salvare te, la tua famiglia, la tua azienda e questo paese, l’Italia, che merita certamente di più. Dai il tuo contributo concreto per mandarlo a casa, magari trovando il coraggio di sostenere quei movimenti politici che condividono il programma di azione della Lega della Terra.
Certo, i problemi dell’agricoltura non derivano solo da una PAC inadeguata, trattandosi spesso di problemi strutturali aggravati da conclamata miopia dei governi, da debolezze indotte da scellerati accordi internazionali e, in più, da un gap che spesso è anche di tipo culturale. Come dire che per risollevare le sorti dell’agricoltura c’è davvero molto da fare. Come sanno fare gli agricoltori, capaci di creare ricchezza partendo dalla fertilità della terra, e non parole e promesse vane, che si dissolvono come la nebbia del mattino, di cui sono specialisti mestieranti vari che, a Roma come a Bruxelles, corrodono il corpo sano delle nazioni.

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Lega della Terra
Prof. Raffaele Lupia

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