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Giornata della Memoria, Bonifazi: “Ricordare per capire chi siamo”

“Dovere di un rappresentate istituzionale veicolare valori condivisi”

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GROSSETO - “Questo è il mio ultimo anno da sindaco, il mio ultimo 27 gennaio, Giornata della Memoria. Questo non è un riferimento casuale ma l'occasione per una considerazione alla quale tengo molto. Gli anni che ho passato alla guida dell'Amministrazione locale hanno rappresentato per me anche l'opportunità di veicolare dei messaggi all'opinione pubblica; messaggi basati sui valori nei quali ho sempre creduto; vale a dire il rispetto dei principi di libertà e democrazia e un vero e proprio culto per la difesa della memoria storica, quale testimonianza viva degli errori che ci sono stati nel passato anche più recente e che non dovrebbero più ripetersi. Tra queste occasioni di dibattito certamente si colloca la Giornata della Memoria, come quella del Ricordo, come alcune tradizionali ricorrenze storiche o legate all'identità nazionale. E sono sempre intervenuto pubblicamente, ogni anno, non certo per presenzialismo ma perché credo fermamente che sia dovere di un rappresentante delle istituzioni, di un uomo politico in genere, contribuire a consolidare quelli che devono essere dei valori condivisi.
Il 27 gennaio del 1945 il mondo vide con i propri occhi il livello di aberrazione di cui è capace l'essere umano. Livello putroppo replicatosi anche in altre fasi storiche e in altre realtà geografiche. Ricordare quell'evento, la follia dell'Olocausto, è soprattutto un momento di riflessione su chi siamo stati, su cosa troppo spesso gli uomini tornano ad essere. A volte l'opinione pubblica tende a mettere tra i propri occhi e un fatto di incredibile gravità una distanza storica, a volte una geografica, per poi ritrovarsi improvvisamente a fare i conti con i morti nei propri stadi, nei propri teatri, nei propri locali, nelle proprie strade e restare sorpresi, reagire d'impulso, individuare un nemico, perdere di vista le ragioni alla base della violenza. La paura è sempre una cattiva consigliera, soprattutto quando indirizzata verso quelle che sono considerate diversità. Un errore clamoroso che si ripete spesso; la paura di ciò che non si conosce o peggio che si conosce solo per sentito dire. L'uomo ha sempre bisogno di individuare un colpevole, meglio se “diverso” o estraneo rispetto alla prospettiva dalla quale si guarda il mondo. Spargere parole di odio, sottovalutandone gli effetti o chiudere gli occhi anche quando le responsabilità e le ragioni di un accadimento sono più complesse di quelle percepite, non aiuta.
Ricordare la morte di milioni di persone nei campi di concentramento, oppure le vittime dei gulag, delle foibe istriane, i massacri cambogiani, le “pulizie etniche” in Ruanda o nella ex Jugoslavia e altre ancora serve proprio per farci capire meglio con “cosa” più che con “chi” abbiamo a che fare quando la follia arriva anche alle porte di casa nostra. Far finta che non ci riguardi non serve a niente”.

 

Emilio Bonifazi

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