Campione d’Italia è uno di quei luoghi che sembrano esistere fuori dal tempo: un minuscolo frammento d’Italia incastonato tra le montagne svizzere, sospeso tra eleganza decadente e memoria storica. Proprio lì, affacciato sul lago, il Casinò è tornato ad accendersi. Dopo anni di silenzio e serrande abbassate, nel 2025 la sua storia sembra aver ritrovato un ritmo. I numeri parlano chiaro: oltre 51 milioni di euro incassati lo scorso anno, un flusso di visitatori in crescita costante e una solidità economica che nessuno avrebbe scommesso possibile. A Campione, qualcosa si sta muovendo. E lo fa in controtendenza, proprio mentre il resto del mondo ha scelto scorciatoie digitali e schermi retroilluminati.
Ciò che sorprende, tuttavia, non sono solo i risultati economici. È la determinazione con cui il Casinò è tornato a far parlare di sé senza clamore, ma con continuità . Nessun colpo di scena, nessuna trovata spettacolare. Solo il lento, ostinato lavoro di chi ha deciso che valesse la pena riprovarci. Dietro le cifre, c’è una comunità che tenta di rialzarsi. E un’istituzione che, senza fare rumore, ha cominciato a rimettere ordine dove prima c’erano soltanto debiti e promesse mancate.
Quando il tavolo verde non è tutto
Intanto, il mondo ha cambiato le regole. Le abitudini si sono spostate sui telefoni, le app hanno moltiplicato l’offerta, e giocare è diventato un gesto istantaneo, spesso solitario. Non serve più attraversare una sala, osservare un mazzo di carte, né ascoltare il mormorio sommesso di chi aspetta il proprio turno. Il successo delle piattaforme digitali ha costruito una nuova grammatica del gioco, in cui la parola d’ordine è accessibilità . Dentro questo linguaggio, elementi come il bonus di benvenuto dei casinò online sono diventati incentivi chiave, strumenti precisi per attirare, incuriosire, trattenere.
Ma proprio mentre tutto sembra dirigersi verso un orizzonte smaterializzato, Campione ha deciso di restare. Non per nostalgia, ma per scelta. C’è qualcosa, infatti, che non può essere sostituito da una grafica ad alta definizione. Non si tratta dell’estetica, né della tradizione. È piuttosto un certo modo di vivere la presenza: sedersi davvero a un tavolo, respirare l’attesa, guardare chi si ha davanti. Una lentezza preziosa, che non si adatta bene agli algoritmi ma parla ancora a chi cerca qualcosa di diverso.
Il ritorno non è una replica
Dopo la chiusura drammatica del 2018, sembrava che per Campione non ci fosse più margine. Il fallimento era stato totale: debiti fuori controllo, centinaia di lavoratori a casa, un comune allo stremo. Oggi, senza eccessi di entusiasmo, si può dire che la rotta è cambiata. L’azienda è in equilibrio, paga in anticipo i propri debiti e sta riorganizzando la struttura con criteri meno opachi e più realistici. Il personale – ridotto rispetto agli anni passati – è stato scelto con criteri diversi, con l’obiettivo di costruire un team solido, non un esercito.
Alcuni spazi ancora inutilizzati potrebbero trovare nuova destinazione nei prossimi mesi: strutture ricettive, attività commerciali, servizi stabili che diano continuità anche al di fuori dei flussi di gioco. Nulla di eclatante, ma la visione che guida questi passi è pragmatica. Il rilancio non è una copia del passato: non si cerca di tornare ai fasti degli anni ‘90, ma di costruire qualcosa di sostenibile, che possa stare in piedi anche nei periodi di bassa stagione e nei cicli meno favorevoli.
Saper restare quando tutti scappano
Forse è proprio qui che Campione può davvero insegnare qualcosa: nella sua capacità di rimanere fedele a sé stessa senza diventare una cartolina. In un’epoca in cui tutto cambia velocemente, il vero atto di coraggio non è inseguire le mode, ma scegliere con lucidità dove stare. Il Casinò ha smesso di inseguire la spettacolarità . Non promette vincite facili, non investe in effetti speciali. Ha scelto di rallentare, di valorizzare la presenza, di puntare su un certo tipo di cliente che non cerca semplicemente un passatempo, ma un luogo dove fermarsi davvero.
I problemi non mancano. Il comune è ancora in bilico, le finanze pubbliche faticano a stabilizzarsi e i margini restano fragili. Ma in fondo, la sfida vera non è mai stata soltanto economica. Si tratta di riconoscere che esistono modi diversi di stare al mondo – e che perfino un casinò, luogo per definizione effimero, può rappresentare una forma di resistenza. Non nostalgica, ma attiva. Quella di chi decide, con una certa eleganza testarda, di non sparire.