Grosseto: “La Festa della Liberazione è la nostra festa nazionale che celebra la ritrovata libertà dall'oppressione. E' la festa di tutti perché nessuno può rimpiangere una qualunque dittatura. Quest'anno è anche la festa che ci garantisce l'opportunità di una riflessione sul nostro futuro.
Dobbiamo innanzitutto chiederci se questa è l'Italia che volevamo, se è quella che volevano i nostri padri costituzionali. Certamente siamo un Paese libero e democratico ma che visione abbiamo del domani? L'Italia non è solo vittima di una crisi economica globale ma rappresenta anche uno degli anelli più deboli in Europa. Questo perché si sta rischiando di perdere quel minimo senso di appartenenza ad una comunità. Non si può infatti estremizzare il sacrosanto desiderio di rinnovamento come non si può nemmeno confondere la propria esperienza con la tutela dei privilegi e con la diffidenza verso i giovani. La domanda è: perché espressioni come rinnovamento e selezione della classe dirigente devono necessariamente contendersi lo spazio naturale tra due poli così distanti? A volte sembra davvero che a questo Paese manchi quella minima condivisione degli stessi valori alla base della nostra democrazia. Proprio quelli riconquistati a caro prezzo nella lotta di liberazione nazionale e poi scolpiti nei principi fondamentali della nostra Costituzione democratica e repubblicana. Se vogliamo ritrovarci dobbiamo invece ripartire proprio da quel sistema di regole, diritti e doveri che sono e che devono essere il faro della convivenza per tutta la nostra comunità. Regole troppo spesso sottovalutate, date per scontate o, peggio, superficialmente consegnate al passato. Ricordarle è fondamentale per tutti: ad esempio che “la sovranità appartiene al popolo” che, però, la deve esercitare “nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1). Che il rispetto dei “diritti inviolabili dell'uomo” (art. 2) passa anche dalla richiesta da parte della Repubblica de “l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2). Che l'uguaglianza di fronte alla legge è “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art. 3), come il dovere della Repubblica di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana” (art. 3), di “promuovere le condizioni per rendere effettivo” il diritto al lavoro (art. 4), che la “Repubblica è una e indivisibile” (art. 5), che tutte le confessioni religiose “sono egualmente libere davanti alla legge” (art. 8), che la Repubblica promuove “lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica (...) e tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico” (art. 9) e che la “Repubblica ripudia la guerra” (art. 11).
Oggi il nostro Paese è messo davanti ad una grande prova di maturità. Potrà superarla solamente ispirandosi ai principi democratici e repubblicani su cui è incardinato, che non sono affatto invecchiati. Le persone possono cambiare, come anche le leggi e le condizioni sociali e culturali, ma certi valori no. Certi valori proprio non possono cambiare”.