GROSSETO - Le segreterie di Cgil e Spi Cgil firmano un comunicato congiunto sulla tragedia di pocgi giorni fa avvenuta in Turchia «”È stato un incidente”. A 60 anni dalla strage avvenuta nel pozzo Camorra di Ribolla le parole usate dal primo ministro turco Erdogan per la morte dei 274 minatori di Soma riecheggiano quelle della Montecatini. La grottesca riedizione di un cliché tipico del potere costituito di fronte alle tragedie sul lavoro causate dal mancato rispetto delle più elementari norme di sicurezza e dei diritti dei lavoratori, sempre in second’ordine rispetto al profitto d’impresa.
Quello che oggi succede in Turchia, però, ci riguarda da vicino perché chiama in causa il modello di sviluppo economico al quale in troppi, in Italia e nel mondo, hanno deciso acriticamente di aderire da vent’anni a questa parte. Accettando la logica neoliberista della subordinazione del lavoro agli utili aziendali che finiscono sempre per essere spartiti da una platea ristretta di privilegiati.
Chi milita nella Cgil e nello Spi ha avuto la fortuna di poter arrivare alla pensione, ma ha ben presente le condizioni in cui opera chi ancora ha il “privilegio” di rimanere al lavoro. E soprattutto ha la consapevolezza del valore dei diritti che in passato sono stati conquistati a prezzo di tanti sacrifici e di lotte conseguenti a fatti luttuosi come quelli di Ribolla o della miniera di carbone di Soma.
La verità amara, ma non ineluttabile, è che siamo tornati indietro. Che non si investe più nell’innovazione e nella formazione, perché il mantra è la stabilità monetaria e la competitività basata sull’abbattimento del costo del lavoro e la riduzione delle tutele, a partire dalla sicurezza del lavoro.
Noi siamo convinti che questa è solo una strada, e soprattutto è la peggiore delle ricette di governo dell’economia e dei rapporti di lavoro. E che non basta la crisi a giustificarne la legittimità.
Oggi siamo tutti Turchi. E domani, di fronte alla prossima strage per un “incidente”, i Turchi potrebbero ritrovarsi a essere tutti Italiani. Per questo invitiamo lavoratori, cittadini e forze politiche a far sentire la propria voce, promuovendo una visione del lavoro che restituisca dignità alle persone, e ristabilendo una gerarchia di valori e priorità economiche all’insegna dell’equità e della redistribuzione della ricchezza».