GROSSETO- In Italia le famiglie che, nel 2012, vivevano al di sotto della soglia di povertà relativa1
erano 1,7 milioni per un totale di 4,8 milioni di persone (Istat). A questi, però, vanno
sommati anche coloro che si trovano in una situazione di povertà assoluta2
: 1,3 milioni di nuclei familiari corrispondenti a 3,4 milioni di persone. Le categorie maggiormente
colpite sono i giovani (14,7%), le famiglie numerose (28,5%) e i disoccupati (35,6%).
Parallelamente aumentano le disuguaglianze: in Italia, nel 2010, il decimo dei più ricchi
ha visto ridursi la ricchezza solo dell’1%, mentre il decimo più povero del 6,2%.
In Toscana. Alla fine del 2009 (Istat) le famiglie in condizione di povertà relativa erano
90mila pari al 5,5% di tutti i nuclei familiari residenti nel territorio regionale,
un’incidenza che poneva la Toscana al quint’ultimo posto di un’ipotetica graduatoria
nazionale, ma in crescita costante dal 2007 (4%) in conseguenza anche di una
significativa riduzione dei redditi: nel quadriennio di crisi 2008-2011, infatti, in termini
reali il reddito delle famiglie è diminuito del 2,6%.
I poveri che si sono rivolti ai Cd’A. Sono 25.353, il 6,4% in meno rispetto al 2012.
Sbagliato, però, pensare che la diminuzione derivi da un miglioramento delle condizioni
di vita delle categorie più vulnerabili. Oltre ad un accurato lavoro di revisione delle
proprie banche dati da parte di alcune diocesi, infatti, tale decremento va ascritto
soprattutto all'aumentata complessità delle situazioni incontrate che hanno richiesto
ascolti molto più approfonditi e ripetuti nel tempo: in media, infatti, ogni persona è
stata incontrata 4,16 volte, ma il dato sale a 5,2 se si prendono in considerazione le
“persone conosciute”, ossia coloro che sono seguiti da più di un anno.
L'emergenza lavoro. Coloro che si dichiarano disoccupati sono passati dal 74% del 2012
al 76,4% del 2013. È l'incremento più significativo dall'inizio della crisi ad oggi, visto che
la quota di persone senza lavoro era del 72,5% nel 2007, del 72,4% l'anno seguente, del
73,5% nel 2009, del 73,7% nel 2010 e del 73% nel 2011.
La casa non è più una garanzia. Il 63,7% degli utenti ha un'abitazione stabile, ossia vive
in un alloggio di edilizia residenziale pubblica piuttosto che in affitto, con i genitori o
anche in una casa di proprietà (6,7%, incidenza che sale al 14,5% per la sola componente
italiana). Ne consegue, dunque, che la stabilità abitativa rimane certo un argine al
diffondersi ed acuirsi delle povertà, ma tutt’altro che invalicabile.
I “nuovi poveri”. Con questa definizione un po' impropria ci si riferisce a coloro che si
sono rivolti ad un Cd'A negli ultimi dodici mesi. Si tratta di 10.225 persone corrispondenti
al 40,3% del totale e fra i quali la condizione di “senza lavoro” è ancora più diffusa
rispetto alla generalità degli utenti dato che la quota di coloro che si dichiarano
disoccupati sale all'80,5% mentre quella di chi, invece, dice di avere un lavoro scende al
10,6%.
La “cronicizzazione della povertà”. Circa una persona su cinque (20,7% per un totale di
5.248 persone) è seguita da un Cd'A da almeno sei anni, un dato che s'impone alla
riflessione sociale e pastorale perché evidenzia come una quota significativa di persone
non riesca a liberarsi dalla “trappola della povertà”, nonostante il sostegno prolungato
quantomeno dei Cd'A. A contraddistinguere queste persone è anche una marcata
situazione di disagio abitativo: il 39,9% vive in un'abitazione precaria (+4,1% rispetto alla
media) e il 12,2% in una condizione di marginalità abitativa (contro una media del
9,5%).
I migranti. Due persone su tre che nel 2013 si sono rivolte ad un Cd'A sono straniere: si
tratta complessivamente di 17.260 persone pari al 68,1% del totale. Un'incidenza
elevata, superiore sia alla media nazionale che a quella dell'Italia centrale3
. Che, però,è andata costantemente diminuendo dall'inizio della crisi ad oggi, a testimonianza non
tanto di un miglioramento della situazione vissuta dalle comunità immigrate, quanto di
un peggioramento delle condizioni della componente italiana che ha indotto molte
famiglie a superare remore e ritrosie e a rivolgersi ad un Cd'A.
La marginalità abitativa. È la condizione di chi vive in vecchi ruderi e case
abbandonate, piuttosto che in auto, treni, roulotte, sale d'attesa, panchine e altri luoghi
più o meno riparati. Complessivamente si tratta di 1.951 persone che, nel 2013, hanno
chiesto l'aiuto della Caritas, il 9,9% del totale. Il 29,1% di essi è seguito da almeno sei
anni e vive, quindi, una situazione di “povertà cronica”; il 36,5%, invece, ha bussato alle
porte della Caritas per la prima volta nel 2013, un dato da monitorare con attenzione in
futuro per capire se ci si trovi di fronte ad una significativa crescita delle situazioni di
marginalità grave ed esclusione sociale.