GROSSETO - Le voci vietate: “Ci sono dei giorni in cui mi attacco alle sbarre, come se al mio toccarlo quel ferro ghiaccio dovesse svanire e d’incanto mi ritrovassi libera di riprendermi la mia vita senza dover fare nessuna domanda”. Le voci che non sentiamo perché sono sepolte dentro Sollicciano.
Ragazze, madri, donne, soprattutto cuori, sentimenti, corse e cadute, scie del destino.
“Alice nel paese delle domandine” (le domandine sono i mille moduli da compilare all’amministrazione penitenziaria per qualsiasi richiesta o desiderio), è un libro firmato da Monica Sarsini, scrittrice e artista fiorentina che da tre anni per l’associazione Il Giardino dei Ciliegi, un giorno la settimana, entra in carcere e tiene un corso di scrittura creativa alle inquiline della sezione femminile del carcere.
Un corso che nel tempo non è più soltanto una lezione, ma un patto di amicizia, un dialogo, una finestra sul mondo: “Fino alla scorso anno potevo contare su un contributo del Comune, adesso forse per carenze nei finanziamenti, non mi danno più niente, ma io non me la sento di lasciare sole quelle donne là dentro”. Così il laboratorio va avanti per affetto e per un senso di solidarietà tutta femminile o perché si crede nei versi di una poesia di Emily Dickinson, “una parola muore/appena detta,/ dice qualcuno./ Io dico che solo/ quel giorno/ comincia a vivere”. (Monica Sarsini)
L’adattamento teatrale di Alice nel paese delle domandine, curato da Teatro studio di Grosseto, nasce dalla volontà di dare un corpo, un volto, una voce, alle parole scritte da un gruppo di donne detenute nel carcere di Sollicciano, che grazie al lavoro paziente e appassionato di Monica Sarsini, sono riuscite ad esprimersi, attraverso un percorso di scrittura.
Sono pagine di intensa umanità, crude spesso, sublimi a volte, frutto di un percorso che ha saputo restituire vigore, ad anime sospese, congelate nella bruttura di una istituzione, quella carceraria, che ci chiediamo, forse non ha più senso di essere.
Un mondo di donne, in primo piano e di bambini, uomini e famiglie, in filigrana: cercare, frugare in questo mondo, dove raramente entriamo, se pure solo attraverso una lettura, è stato come esserci, è stato come attraversare le celle, udire le voci.
La performance si propone - attraverso mezzi espressivi ridotti al minimo, in modo da non alterare la realtà di questi personaggi e di queste storie - di "far uscire quel vivere dentro, che è carico di ciò che è stato fuori, e che è ancora pieno di colore, se pur immerso in tante, troppe, sfumature di grigio, quelle dei muri, quelle del cuore".
La regia è di Daniela Marretti, le interpeti sono Enrica Pistolesi, Esther Cerri, Daniela Marretti, la parte tecnica è a cura di Luca Pierini.