Un orientamento molto vessatorio della giurisprudenza consente da tempo la possibilità a favore del fisco di pignorare tutto il denaro depositato dal contribuente presso un conto corrente, compresi gli stipendi e le pensioni, perché questi, una volta depositati in banca, diventano un unicum con il patrimonio del debitore.
Questo orientamento ha sempre suscitato alcune riserve di costituzionalità in quanto contrastante con i limiti all’obbligo del cittadino di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva (art. 53 C.), che per definizione non può essere né uguale, né superiore all’intero reddito, né tantomeno all’intero patrimonio.
Fino a qualche tempo fa il lavoratore e il pensionato godevano di una garanzia alla loro sopravvivenza in relazione al limite del quinto applicabile alla pignorabilità dello stipendio e della pensione, che potevano essere corrisposti e detenuti sotto il mattone piuttosto che sul conto.
Oggi col nuovo obbligo di apertura del conto per chiunque abbia introiti pari o superiori ai 1000 euro, introdotto con il Decreto Salva Italia (mai nomignolo tanto poco appropriato per un decreto!), il creditore aggirerà agevolmente il problema del limite del quinto al pignoramento della pensione o dello stipendio, notificando l’atto di pignoramento direttamente alla banca anziché all’Inps o al datore di lavoro. Di fatto quindi con l’obbligatorietà del versamento sul conto corrente è stato abolito quel presidio di garanzia del cittadino rappresentato dalla non pignorabilità del totale dello stipendio o della pensione che aveva il sacrosanto obbiettivo di non ledere l’individuo nella sua dignità .
Inoltre, l’Istituto di credito, per legge, è obbligato a bloccare anche le somme future che verranno versate sul conto fino alla data dell’udienza di assegnazione. In altre parole, quando l’Inps accrediterà la pensione sul conto del pensionato o quando il datore di lavoro accrediterà lo stipendio del proprio dipendente, questi introiti verranno automaticamente pignorati e bloccati nella loro totalità e non più entro il limite di un quinto.
L’esasperazione della lotta all’evasione ha generato, dopo l’abolizione del segreto bancario, una nuova mostruosa distorsione del sistema di garanzia dei cittadini più deboli.
Questa ulteriore aberrazione legislativa aggraverà lo squilibrio già esistente tra importi debitori e importi pignorati derivante dal fatto che già oggi qualsiasi contribuente debitore verso il fisco anche di una somma esigua può vedersi pignorare l’auto o l’appartamento di valore enormemente maggiore rispetto all’importo dovuto, con un danno sproporzionato rispetto al beneficio per la PA di rientrare delle somme dovute.