SCARLINO-"Di seguito richiamo alcuni fatti che attestano gli errori commessi dai dirigenti provinciali e regionali dell'ARPAT nella ventennale vicenda delle bonifiche delle aree inquinate nel Comune di Scarlino" cosi Roberto Barocci inizia la sua disamina.
"1- hanno espresso parere favorevole al riuso delle ceneri di pirite, per realizzare massicciate stradali, pur sapendo che tali rifiuti erano tossici e nocivi, perché capaci di cedere arsenico in acqua (1);
2- hanno certificato che l'inquinamento da arsenico nei terreni della piana era di origine naturale, consentendo all'ENI di evitare gli obblighi di bonifica (2);
3- non hanno prescritto che fossero quantificate le quantità di polveri arseniose e ceneri disperse dalle attività di fusione delle arsenopiriti (bilancio di massa), nonostante che fosse stata richiesta espressamente da consulenti tecnici del Comune di Scarlino in sede di Conferenza dei Servizi (3);
Quando poi, smentiti, sono iniziate le bonifiche:
4- hanno approvato di limitare la rimozione dei rifiuti tossici interrati alla sola superficie di proprietà dei singoli siti, pur essendo documentato che tali rifiuti tossici erano stati interrati anche oltre il limite delle singole proprietà (4) e non hanno prescritto la rimozione dei rifiuti tossici depositati nelle strade, nei piazzali, nei parcheggi, negli argini dei canali;
6- hanno convalidato il collaudo delle bonifiche delle superfici, pur sapendo che le acque in transito sotto quelle superfici continuavano a ricevere arsenico fuori norma (5).
Pertanto è offensivo che l'ARPAT nei suoi recenti comunicati continui a difendere il suo operato. Il solo fatto che i dati del perdurante inquinamento delle falde idriche li costringa oggi ad ammettere che le bonifiche realizzate in superficie nell'area del Casone non si sono dimostrate efficaci, dovrebbe consigliare maggiore prudenza, poiché tutti i lavori eseguiti sono stati approvati con il loro determinante consenso, mentre tutte le nostre critiche, che sempre hanno richiamato le omissioni di legge, non sono mai state accolte.
Le opinioni espresse ieri come oggi dall'ARPAT sono inoltre pericolose poiché si continua ad ipotizzare che la bonifica possa essere realizzata come sommatoria di progetti parziali, indipendenti gli uni dagli altri nello spazio e nel tempo: prima la bonifica di alcune superfici scoperte, poi, fra venti anni, la bonifica delle superfici coperte dalle strutture (come per Scarlino Energia) e successivamente quelle delle falde, come se l'inquinamento da arsenico nella piana avesse cause diverse. La norma e il buon senso consente che si possa realizzare l'esecuzione di un progetto di bonifica, come per la costruzione di una casa, in tempi diversi, oppure procedendo per lotti separati, ma questo è consentito solo se i singoli lavori sono parte di un unico e organico progetto di bonifica. Inoltre non è tecnicamente concepibile la bonifica delle acque di falda senza quella delle superfici. Tali acque provengono da monte, da aree di ricarica collocate oltre la vecchia Aurelia (ad est) e oltre l'Aurelia sono prive di arsenico. Scorrendo verso il mare (verso ovest) e solo attraversando la zona industriale, ricevono quotidianamente arsenico dai terreni più superficiali. Non sono possibili altre fonti inquinanti e l'ARPAT non può continuare a sbagliare".