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Maremma d'impatto

strategie territoriali per competere

La Redazione
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Da sempre ho il pallino della Maremma. Forse ora che scrivo mi rendo conto che di pallini ne ho molti…

La Maremma… ho fatto molte ricerche, ho letto tutto quello che c’è online, libri vecchi e mi sono confrontato con molte persone ed amici.
Ma ancora non ho capito molte cose.
Perché mai la Spagna, Francia, Germania o tutte le nazioni civili hanno usato le provincie storiche per fare marketing territoriale e da noi no?
Come mai sul nome antico si è cercato di recuperare tradizioni, usi e costumi per offrire a quei luoghi dignità?
Certo per un tedesco che ama la nostra terra non è facile districarsi in maremma pisana e maremma laziale, alta e bassa maremma… sembra una competizione interna, mentre poi a perdere siamo tutti, soprattutto la nostra vera identità.
A questo punto, mi sorgono spontanee delle domande: come potremo mai promuovere questa terra ad eventi in giro per il mondo? con quale nome? quale logo? Boh…

Sull’estensione della maremma se ne potrebbe discutere molto, ad esempio Wikipedia  riporta un elenco (a mio dire poco preciso) di comuni come Civitavecchia e Santa Marinella, che di maremma non hanno nulla,  omettendo paesini che vivono con le vacche maremmane come Monte Romano.
Ora, qui non voglio discorrere sui confini, magari si potrebbe fare un referendum! Ma vorrei cercare di mettere insieme alcuni elementi che possano costituire “indizio di maremma”.

Da sempre sono alla ricerca di cose che accomunano la Maremma, come se cercare elementi di similitudine mi desse la serenità di appartenere ad un luogo, come ad essere alla ricerca della propria casa o delle proprie origini.

Sorvolando alcuni intercalari come le bestemmie (di cui non farei menzione sulle guide internazionali o altresì insegnerei ai bambini delle elementari) l’acqua cotta, le vacche, il cavallo e le zanzare credo siano elementi distintivi di questa terra.
Adesso, potendo iniziare una gara per elencare le ricette caratteristiche, sono sicuro che potremo assistere a dei fenomeni di contaminazione; magari la scottiglia può essere più o meno rossa in funzione della latitudine a cui viene preparata.
Un paio di anni fa mi sono infilato in una discussione con un rinomato chef toscano che, decantando la scottiglia (fenomeno de noantri), cercava di accreditare la sua ricetta, se pur identica a quella che fan tutti,  come l’unica ed originale; citava professori universitari, studi e ricerche, spingendosi a dire che addirittura gli Etruschi ne consumavano abbondanti porzioni. Ora, io che gli Etruschi possano aver consumato abbondanti porzioni posso anche crederci, un popolo che lavorava sodo, ma che conoscessero il pomodoro… ho dei seri dubbi!

È chiaro che la Maremma non è un tema che affascina gli atenei prestigiosi di questa terra tanto da spingersi a studiare, codificare o magari inventare (come fanno da altre parti, MKTG territoriale!), quindi forse saremo destinati a rimanere atomizzati e confusi senza identità.
Allora questo mio entusiasmo scema, ma poi trovi tanta gente operosa che lavora e cerca di vivere di questa terra e allora riparto con la ricerca, con l’osservazione, con la curiosità che avevo da bambino.
Circa due settimane fa ero in visita al Parco nazionale delle Colline Metallifere a Gavorrano, con una guida fantastica, “Fabrizio” a metà tra uomo maremmano e un semi dio etrusco, preparato, appassionato e forgiato dalla stessa materia della maremma.
Ebbene, in giro per gallerie della vecchia miniera inizio a ricollegare le cose e far funzionare le sinapsi.
Ascoltavo la spiegazione puntuale e mi sembrava a tratti di conoscere quella storia, sarà per la maremmanità, sarà per esperienze di lavoro, non so… comunque mi richiamano l’attenzione due cose: la pirite e l’allume. Due elementi che caratterizzano la maremma, basti immaginare chea Corneto,  sulla fascia pedecollinare sotto Tarquinia dove Dante dice che finisce la Maremma, c’è Allumiere, paesino sorto come Gavorrano sull’estrazione dell’allume. Curioso è che un po’ più a nord  c’è Lumiere, piccola frazione di Campiglia Marittima.
Da lì l’intuizione: la Maremma affonda le sue origini non solo nella tradizione ma ha una origine geologica comune. Sembrava fatta, la sensazione era quella di aver scoperto l’America, ma poi ho pensato: “ma come faccio? dovrei sentire qualche geologo, università!”
Comunque il danno era fatto, avevo iniziato a vedere la Maremma geologica (scusate non è un’intercalare, questa non si va ad aggiungere alla bucaiola o alla bona o maiala).
La mia capacità di osservazione era stata compromessa, contagiata dal Fabrizio esploratore/oratore/narratore maremmano.
Giocando con Google Earth cercando comuni, nomi, non lo so nemmeno io, nei momenti liberi, che ti noto? Una cosa che se fosse vera e confermata caratterizzerebbe la Maremma… altro che francesi, noi saremo sempre avanti!

Osservando la linea che tracciano le isole dell’arcipelago toscano, ho notato che queste descrivono una curva a semicerchio. Continuando l’osservazione, la linea collinare e in generale l’arco Appennino, descrive un altro semicerchio uguale e contrario. Sembra proprio che i due semicerchi racchiudano qualcosa di importante, quasi una circonferenza perfetta.
Da li ad immaginare che la Maremma sia stata forgiata da un grande meteorite e che la piana sia il suo cratere d’impatto, è stata da subito una suggestiva possibilità.
Analizzando ancora nel dettaglio l’immagine dall’alto sembra che Piombino, Follonica con l’isola d’Elba, siano la goccia di rimbalzo dell’impatto.
Particolare ancora interessante è che molti dei principali meteoriti sono composti di ferro, come tutta l’isola d’Elba e le più famose colline metallifere.
Queste ultime, se osservate insieme, descrivono una circonferenza concentrica rispetto al più grande cerchio esterno.
Passando sulla Fi-Pi-Li c’è un punto dove questa circonferenza immaginaria viene oltrepassata, la linea autostradale taglia di fatto una collinetta ed è stata portata alla luce la faglia. Impressionante è vedere che, dove io immagino il bordo più esterno dell’impatto, la faglia sia misteriosamente caotica,  come sconvolta da un cataclisma.
Congetture e voglia di vedere qualcosa che non c’è? Magari potrebbe anche essere!
Credo però che sia solo la voglia di dare un senso univoco ad una terra piena di risorse da far invidia al mondo, ma che manca di una visione, di un unico senso di appartenenza e di strategia locale per una competizione sul mercato globale.

Chiudo avendo alleggerito quella voglia di condividere con tutti voi appassionati di Maremma questo mio pensiero, certo anche di contribuire alla promozione di questo luogo incantato.


Luigi Galimberti

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