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JOBS ACT e TFR

Ad un passo dalla legge di stabilità, cosa cambia per i nostri soldi

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Non è ancora realtà, ma dovrebbe esserlo a breve. La Legge di Stabilità proposta dal Governo Renzi non è ancora legge, ma ha avuto il sì della Camera e quello del Senato e quindi è ad un passo dalla promulgazione.
Tra le cose che cambieranno dal 2015, in seguito all’entrata in vigore, ci sarà – salvo ribaltoni al momento impensabili – anche la gestione del TFR dei lavoratori dipendenti.
Come accadde nel 2007, quando si decise di lasciar scegliere al lavoratore se lasciare le somme accantonate in mano alla propria ditta oppure destinarle direttamente ad un Fondo Pensionistico, si dovrà nuovamente esprimere la propria preferenza tra queste due ed una terza opzione: percepire il TFR in busta paga, mensilmente.
Vale dunque la pena di soffermarsi qualche minuto sugli aspetti salienti della riforma, in modo da arrivare preparati al momento di una decisione che, è bene ricordarlo sin da subito, sarà irrevocabile per i successivi tre anni, ovvero gli anni previsti per la sperimentazione.

Facciamo un po’ di chiarezza.

Che cosa è il TFR?

Il TFR, acronimo che sta per Trattamento di Fine Rapporto, è una somma che viene trattenuta dalla busta paga mensile di ogni lavoratore dipendente e che verrà corrisposta allo stesso in un’unica soluzione al momento della cessazione del suddetto rapporto, a nulla rilevando che questo avvenga per licenziamento o per raggiungimento dell’età pensionabile.

A quanto ammonta il TFR?

L’entità della somma trattenuta mensilmente varia in rapporto a quella dello stipendio. Il calcolo si effettua sulla base della retribuzione lorda annuale: di questa, ciò che deve essere destinato al TFR è il 6,91%. Per semplicità di calcolo, si è soliti dire che per ogni anno di lavoro viene accantonata approssimativamente una mensilità.

Dove sono allora i miei soldi?

La risposta a questa domanda non può essere univoca, in quanto dipende da vari fattori.
Come accennato, dopo la riforma del  2007 i lavoratori hanno ottenuto la possibilità di destinare il proprio TFR ad una forma pensionistica complementare, il così detto “terzo pilastro”.           
Chi ha deciso di sfruttare tale opportunità, così da potersi avvalere delle agevolazioni fiscali che ciò comporta, ha contestualmente comunicato l’ente prescelto, cui il datore di lavoro effettua dunque il bonifico di quanto dovuto con cadenza che può essere da mensile ad annuale.
Per chi invece ha preferito lasciare i soldi in pancia alla ditta, va fatta una distinzione: se questa ha più di cinquanta dipendenti, vige l’obbligo di versamento mensile all’INPS. Nel caso di ditta con meno di cinquanta dipendenti, al contrario, il datore non ha l’obbligo di versare la liquidità in alcun fondo preposto. Residua solamente quello di corrispondere al lavoratore quanto maturato in corso di rapporto al momento della cessazione dello stesso.

 

Vi diamo appuntamento la settimana prossima per un ulteriore approfondimento sulla rivalutazione, i fondi pensione e la tassazione.

 

Per curiosità o chiarimenti, potete scrivere all'indirizzo e-mail giacomo.fortunati@gmail.com

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